La Serie A deve ancora fermarsi per piangere un grande personaggio del suo antico calcio che purtroppo ci ha lasciati nelle ultime dure ore.
Molto spesso si rimpiange un calcio che da tanto tempo non c’è più, uno sport che nel corso degli anni si è profondamente modificato e che è diventato sempre più business e meno amore e passione, per questo motivo, quando se ne va un personaggio che è stato in grado di rappresentare una delle più grandi favole calcistiche della storia in Italia, è normale che tutti siano scoppiati in lacrime per onorarlo.
Gli anni ’80 hanno rappresentato un momento davvero d’oro nella storia del Belpaese, non soltanto da un punto di vista sportivo, un decennio in cui la Serie A ha sicuramente vissuto un momento d’oro della propria storia, ma anche per quanto riguarda la società e l’economia, dove si sono finalmente lasciati alle spalle i difficili anni ’70 per pensare al benessere della popolazione.
Ecco perché tutto quello che è derivato da quella generazione è ancora oggi un vero e proprio mito assoluto, tanto è vero che ancora oggi sono moltissimi che rimpiangono quegli anni che hanno portato tante famiglie a stare bene economicamente e allo stesso tempo a poter godere di tanti benefici che fino a pochi anni prima non c’erano.
In tutta questa società felice, il calcio era sicuramente uno degli aspetti principali e più importanti che permetteva di rendere il tutto davvero più piacevole e a rendere la situazione ancora più intrigante ci pensavano delle storie a dir poco favolose, come quella del Verona di Osvaldo Bagnoli.
I gialloblu sono diventati l’unica squadra derivata da una città non capoluogo di regione a vincere lo Scudetto della Serie A a girone unico, nella durissima stagione 1984-85, anno in cui l’Italia iniziava ad ammirare per la prima volta campionissimi come Diego Armando Maradona a Napoli e Karl Heinz Rummenigge all’Inter.
Con Platini alla Juventus e la Roma che era diventata vicecampione d’Europa nella stagione precedente, nessuno avrebbe mai potuto immaginare una storica e memorabile cavalcata verso la gloria del Verona, una squadra che vinse lo Scudetto addirittura con una giornata d’anticipo in uno storico pomeriggio a Bergamo.
Di quella rosa è normale e facile ricordare i campionissimi come Larsen Elkjaer, Briegel, Fanna e soprattutto il tecnico Osvaldo Bagnoli, ma è impossibile non nominare colui che ha reso possibile costruzione di quella squadra che è entrata nell’immaginario collettivo di tutta Italia: Emiliano Mascetti.
Mascetti era il direttore sportivo di quella squadra sensazionale, perché solo grazie alla sua sagace e alla sua astuzia in sede di mercato è stato possibile costruire quel favoloso Verona, squadra per la quale aveva giocato anche da calciatore e con la quale ha potuto creare un legame indissolubile con la città.
Purtroppo nella notte del 7 aprile è venuto a mancare chiudendo per sempre gli occhi all’età di 79 anni, lasciando un enorme vuoto nel mondo del calcio, come è stato ampiamente visibile nel comunicato ufficiale rilasciato dal Verona che ne ha tessuto le lodi in particolar modo come uomo.
“Al di là delle cifre, uniche (330 presenze e 46 gol complessivi), resta di Emiliano il ricordo di un uomo straordinario, capace di far innamorare dell’Hellas tante generazioni di veronesi, di raggiungere risultati storici mantenendo sempre la classe, la correttezza e la bontà che lo hanno contraddistinto sul campo e fuori.”
Emiliano Mascetti, una leggenda gialloblu sia in campo che come dirigente
Il Verona ha potuto contare per tantissimi anni su Emiliano Mascetti, uno di quei personaggi che è stato in grado di rendere grande e leggendario il nome della società scaligera e che per 40 anni è stato il miglior marcatore della storia dell’Hellas in Serie A, dovendo aspettare un certo Luca Toni per poter far meglio di lui.
Mascetti infatti era partito giovanissimo dalla sua Como mettendosi in mostra con i lariani per poi passare al Pisa e trovare però la sua completa consacrazione nel 1967 quando approdò alle porte dell’Arena per iniziare a far impazzire il pubblico del Bentegodi che lo amò alla follia.
Le sue prestazioni furono talmente di valore che venne preso in considerazione anche dal Torino che stava lottando per vincere lo Scudetto, ma a sbarrargli la strada c’erano Pulici e Graziani, così non riuscì a godersi il titolo dei granata, infatti venne ceduto ancora al Verona proprio nell’anno del trionfo.
In Veneto tornò a segnare e a essere amatissimo segnando ancora tanto e diventando un’assoluta icona a tal punto che fu normale farlo diventare il direttore sportivo della squadra, riuscendo così a far sì che quella squadra di provincia, che mai aveva avuto ambizioni titolate, potesse diventare a tutti gli effetti una realtà di primissimo livello.
Gli acquisti degli stranieri Larsen Elkjaer e Briegel sono due grandi capolavori, così la redenzione di Pierino Fanna che ormai era stato bollato alla Juventus come un giocatore inadatto per grandi palcoscenici, mentre a Verona tornò a brillare tanto da essere poi venduto anche all’Inter.
La morte di Mascetti è dunque ancora un momento molto doloroso che causa al mondo del calcio l’ennesimo allontanamento da un’epoca che sembra essere sempre più lontana e sbiadita, un’epoca dove era lecito sognare e dove si poteva pensare che anche i piccoli potessero battere i grandi.
Un’epoca diversa, un periodo magico della storia d’Italia e del calcio mondiale, con i miracoli che sono stati possibili anche grazie all’acume di Emiliano Mascetti, un uomo che mancherà moltissimo a Verona e a tutti noi. Buon viaggio Emiliano!