Andres Iniesta è uno dei più grandi giocatori della sua epoca e le qualità dell’iberico non sono solo sportive, ma da uomo dal cuore d’oro.
Quando si sente parlare di Andres Iniesta è normale che tutti i grandi appassionati di calcio abbiano una sorta di commozione e che la lacrima scenda spontaneamente dall’occhio, perché è davvero impossibile non essere stati innamorati di uno dei giocatori che più di tutti hanno conciliato con questo sport.
Lo spagnolo è una vera e propria leggenda e icona per tutti coloro che amano il calcio in ogni sua forma, un giocatore come pochissimi ce ne sono stati nella storia e non è stato solo un fenomeno con il pallone tra i piedi, ma ha anche dimostrato di essere una persona davvero eccezionale.
Andres Iniesta è il calcio e il calcio è Andres Iniesta, due figure che non si possono in alcun modo scindere perché ciò che è riuscito a fare nella sua carriera il fenomeno del Barcellona è stata davvero un qualcosa di unico e di indimenticabile, da raccontare ai posteri a da tramandare alle generazioni future per far capire a tutti come si giochi a calcio.
Il campione blaugrana è stato uno di quelli che più di tutti ha permesso al sodalizio catalano di poter diventare una super potenza del calcio mondiale e senza di lui probabilmente non sarebbero stati possibili tutti quei successi che hanno portato il Barça a essere una delle squadre più amate al mondo.
La genialità in campo di Don Andres è stata abbinata però anche a una figura umana a dire poco deliziosa e fantastica e non è assolutamente un caso che in occasione della partita più importante della sua carriera non si dimenticò di un triste avvenimento che ne aveva segnato l’esistenza.
La finale del Mondiale è una di quelle partite che tutti vogliono giocare almeno una volta nella vita e diventa ancora di più sentita nel momento in cui una nazionale come la Spagna non aveva mai avuto questo privilegio nella sua storia.
Contro l’Olanda ci sarebbe stato da iscrivere nell’albo d’oro una nuova magica nazionale e a decidere la sfida ai tempi supplementari fu proprio il magico Don Andres con un destro a incrociare che piegò le mani a Stekelenburg e così facendo la Roja vinse il suo primo titolo Mondiale, ma Iniesta aveva da fare una dedica.
Quando segnò si tolse la maglietta e mostrò a tutto il mondo una canottiera con scritto “Dani Jarque siempre con nosotros“, una dedica speciale a un amico con il quale aveva condiviso tanti anni nel settore giovanile e che purtroppo era venuto a mancare nell’agosto 2009.
Iniesta e Jarque simboli di Barcellona e amici nella vita
La rivalità tra Barcellona ed Espanyol è davvero molto sentita, con i blaugrana che rappresentano a tutti gli effetti la fetta separatista e indipendentista della città, mentre i biancoblu sono in tutto e per tutto per la Spagna unita e forte.
Andres Iniesta e Dani Jarque era i simboli di queste due realtà, bandiere che non avrebbero mai cambiato casacca per niente al mondo e che erano cresciuti praticamente assieme, dato che Dani era un classe 1983, solo un anno più grande di quell’Andres che però aveva logicamente bruciato già allora le tappe.
I due erano diventati grandi amici, anche perché l’uomo e simbolo dell’Espanyol era un vero leader, ragazzo che sapeva trascinare il gruppo nei momenti più difficili e con il quale Andres stabilì un rapporto vero e sincero e nell’agosto 2009 tutto cambiò.
Jarque era impegnato in una serie di amichevoli prima contro il Napoli e poi contro il Bologna per prepararsi al meglio alla stagione seguente, dove a soli 26 anni avrebbe già indossato la fascia da Capitano lasciatagli da una colonna biancoblu come Raul Tamudo, ma purtroppo non poté mai indossarla in gare ufficiali.
Dopo la gara con i partenopei iniziò a non sentirsi bene e contro gli emiliani non ci arrivò mai, stroncato da un’asistolia che ne ha per sempre fermato il cuore e stroncato la carriera e soprattutto la vita.
Iniesta aveva aspettato il momento più importante nella storia di Spagna per dedicare il più sentito e sincero tributo, a quasi un anno di distanza dalla sua scomparsa, quando ormai in troppi si erano dimenticati del volto da combattente di Dani Jarque e in fondo, quel giorno a Johannesburg, ci fu anche la sua mano per la prima vittoria della sua amata Spagna.