Diventare Pallone d’oro ma fallire nella provincia italiana: lo strano caso del campione scozzese

Diventare un Pallone d’oro è uno dei grandi sogni e degli obbiettivi dei giocatori di tutto il mondo, ma alle volte la strada è molto ripida.

Il Pallone d’oro è un riconoscimento di straordinario valore e prestigio, ambito e sognato dai giocatori di tutto il pianeta che sperano un giorno di poterlo alzare al cielo come premio a un’annata perfetta, ma in certi casi per arrivarci bisogna passare in mezzo a tante difficoltà e a dei fallimenti davvero inattesi.

Pallone d'oro (GettyImages)
Pallone d’oro (GettyImages)

Quando nel 1956 la rivista francese France Football decise di istituire il premio del Pallone d’oro non si capì se il titolo avrebbe dovuto essere solamente un titolo alla carriera oppure un vero e proprio investimento per la stagione appena trascorsa.

Stanley Matthews fu il primo a ottenere questo premio, e ancora oggi è il giocatore più anziano ad averlo ottenuto, ma da allora il prestigio del Pallone d’oro è andato via via sempre più in crescendo, arrivando fino ai giorni nostri diventando sempre di più spunto di riflessioni e polemiche.

Gli anni ’60 furono davvero ricchi di campionissimi leggendari e fu l’unico decennio che regalò sempre vincitori diversi in ogni annata, successe lo stesso anche negli anni ’90, ma tra i vincitori ci fu anche Marco Van Basten due volte campione del 1988 e nel 1989 e Ronaldo che si sarebbe ripetuto nel 2002.

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Tra questi vincitori uno dei più curiosi è sicuramente quello assegnato allo scozzese Denis Law, uno degli attaccanti più forti della propria generazione e che realizzò il sogno di ogni calciatore nel 1964, vincendo il premio davvero a sorpresa.

Gli inizi di Denis Law e il passaggio in Italia al Torino

Il calcio inglese ha sempre goduto di fascino e ammirazione, anche se è innegabile che negli anni ’50 e ’60 non stava di certo attraversando il suo periodo migliore, con la tragedia aerea di Monaco di Baviera che stroncò il Manchester United e con la nazionale che non riusciva a ben figurare, fino a quando non vinse nel 1966.

Denis Law lasciò presto la sua Scozia per giocare con l’Huddersfield Town e nel 1960 passò al Manchester City dove si dimostrò cannoniere davvero implacabile e sensazionale, con 23 reti in un solo campionato e questo convinse la dirigenza del Torino ad acquistarlo.

In granata non si può dire che fu un fiasco, perché andare in doppia cifra negli anni ’60 non era affatto cosa facile nel Belpaese, ma quei 10 gol realizzati non riuscirono a convincere la critica e soprattutto la Serie A si dimostrò un campionato non adatto alle sue caratteristiche.

Law era cannoniere e giocatore di fantasia che amava gli spazi aperti e adorava il gioco offensivo e in un’intervista rilasciata tanti anni dopo spiegò come il suo rapporto con l’Italia fosse sempre stato di amore e odio, perché non riusciva proprio a sopportare quel tatticismo esagerato.

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A fine anno così tornò a Manchester, ma nella sponda rossa dello United, e da lì iniziò una delle più grandi storie d’amore che si siano mai viste, con un percorso lungo undici anni e ricco di trionfi.

Il pallone d’oro e quel gol fatale ai Red Deviles

Con i Diavoli Rossi si dimostrò uno dei cannonieri più letali e favolosi della storia del club inglese, riuscendo a segnare gol a grappoli e trovando nella stagione 1963-64 il suo apice assoluto, realizzando 30 gol in First Division, 10 nelle varie Coppe inglesi e 6 in Coppa delle Coppe, per un clamoroso totale di 46 gol in stagione.

La concorrenza in quel 1964 era enorme e in particolar modo il vincitore designato sembrava dover essere lo spagnolo Luis Suarez, già vincitore del premio nel 1960 e straordinaria mente dell’Inter campione d’Europa per club e della Spagna campione d’Europa per nazioni.

A sorpresa la giuria francese premiò Law facendolo diventare ancora più un rimpianto per il Torino e per tutto il calcio italiano in generale e da lì in poi riuscì a vivere altri momenti esaltanti.

Fu protagonista della vittoria in Coppa dei Campioni nel 1968, anche se un infortunio gli impedì di giocare la finale con il Benfica, e nel 1973 lasciò lo United per passare al City dove un suo gol di tacco decretò la clamorosa retrocessione dei Red Deviles.

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Alla fine di quella stagione decise di ritirarsi, non senza aver giocato però il suo primo e unico Mondiale con la maglia della sua amatissima Scozia nel 1974 in Germania Ovest, potendo così completare una carriera memorabile.

Del magico trio d’attacco del Manchester United completato da Bobby Charlton e George Best fu probabilmente quello meno osannato, ma nonostante questo fu innegabile la sua grande importanza all’interno delle vittorie dei Diavoli Rossi e nel 1964 entrò per sempre nella storia di questo sport.

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