I gusti sono gusti e non devono essere giudicati, ma vedere un paragone tra Kalinic e Lewandowski fa effettivamente sorridere.
I latini dicevano “De gustibus non disputandum est” e in linea generale siamo assolutamente d’accordo con questa affermazione, però un conto sono le opinioni e un conto è la drammatica realtà dei fatti, come nel caso Kalinic e Lewandowski.
Una cosa che tutti i tifosi del mondo fanno è quella di creare confronti e, perché no, cercare di scovare nuovi campioni e possibile somiglianze tra essi.
Succede però troppo spesso che bastino poche apparizioni per poter far credere di essere d’innanzi a un vero e proprio fenomeno, quando per poter essere considerati come tali serve veramente tanto tempo.
La regola è chiara e semplice, per essere un campionissimo non basta la tecnica individuale, se tutti i giocatori capaci di fare dribbling, grandi gol e bei passaggi fossero dei fenomeni allora ne saremmo pieni, la differenza sta anche nel fatto che determinate giocate non siano casuali.
Robert Lewandowski è uno che sta facendo parlare per sé i fatti da almeno dieci anni, quando nella stagione 2011-12 prese il posto da titolare nel Borussia Dortmund al posto del paraguaiano Lucas Barrios per diventare quello che ancora oggi è il perfetto centravanti del mondo.
Non solo in giallonero ha mostrato la sua qualità, ma si è confermato anche cannoniere implacabile con il Bayern Monaco meritando così il giusto appellativo di fenomeno.
Nel 2015 forse non meritava ancora questa definizione, ma quella di campione senza dubbio, anche solo ricordando la straordinaria quaterna al Real Madrid nella semifinale di Champions League del 2013 e i continui gol realizzati anche in nazionale.
In quella stagione era arrivato da poco alla Fiorentina un attaccante croato di belle speranze che ben si era comportato in Europa League arrivando fino alla finale con il Dnipro: Nikola Kalinic.
La partenza con il club viola era stata decisamente positiva tanto che il noto giornalista Ivan Zazzaroni se ne uscì con l’affermazione “Kalinic somiglia molto a Lewandowski, come movimenti, tempi; forse è meno potente, ma più tecnico.”
I fallimenti di Kalinic e il Mondiale visto da casa
Vogliamo spezzare una lancia in favore di Zazzaroni, ovvero che solo chi non si pronuncia mai e chi non fa affermazioni allora non sbaglia mai, però la frase non aveva convinto nessuno nemmeno in quel 2015.
Kalinic è attaccante che difficilmente è arrivato in doppia cifra, mentre Robert difficilmente non tocca quota trenta in stagione, e la stagione 2016-17 con li quindici gol con la Fiorentina rappresenta il suo apice.
Nessuno lo ha mai visto come un bomber di razza, ma una buona spalla d’attacco, ma non appena il livello si è alzato è letteralmente sparito.
Solo sei gol con il Milan, con tanto di posto da titolare perso con la Croazia e rispedito a casa dopo la prima gara con la Nigeria per aver rifiutato di entrare in campo non ricevendo così nemmeno la medaglia d’argento in quel Mondiale, prima di fallire anche all’Atletico Madrid e alla Roma.
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Dopo un’annata negativa anche con il Verona, la seconda in Veneto sembra essere un po’ più positiva, ma di sicuro nessuno oggi oserà nemmeno lontanamente accostarlo al cannoniere del Bayern.
Chi dimentica, è complice.#Zazzaroni #JuveRoma #Kalinic #lewandowski pic.twitter.com/bnUDcqXSZw
— Nevio Capella (@Djnc78) January 23, 2020